Unità pastorale santa maria maddalena

Le chiese San Pellegrino & Buon Pastore

San Pellegrino

San Pellegrino o Villa San Pellegrino (in dialetto reggiano “San Pelgrèin”, S. Peregrini in Suburbiis in latino eccl. moderno) è costituito dal territorio della parrocchia eretta nel 1769 negli allora sobborghi di Porta Castelo,
stralciandola dalla parrocchia cittadina di Santa Maria Maddalena, che era ubicata sopra l’attuale piazza Fontanesi e successivamente demolita per far posto alla piazza. La chiesa primitiva di San Pellegrino era già nominata in una carta del IX secolo assieme a Rivalta, anche se lo località era già abitata nell’età del bronzo (come testimoniato dalla terramara della Montata)
e in epoca romana. L’erezione della parrocchia avrebbe così ricompreso nella villa di San Pellegrino tutto il territorio a sud della città che andava dalla “rotonda” di piazza Cadorna (v.le Umberto I) alla vecchia osteria di Baragalla per poi estendersi verso est sino a due maestà e alla Bazzarola e verso ovest sino al Mulino di San Claudio e al Migliolungo. L’attuale chiesa fu edificata alla fine del 1700 dall’architetto Giuseppe Barlaam Vergani.
Siccome abbracciava tutta la zona a sud della città, a San Pellegrino furono ubicati dapprima il cimitero monumentale e quello isreaelitico e sempre qui nacque una delle prime cooperative di consumo, che si affacciava sull’attuale piazza Lepanto.Questo territorio risultava essere particolarmente strategico, in quanto attestamento sulla città della statale 63 che proveniva dalla montagna: durante la guerra di Liberazione fu proprio nella canonica di San Pellegrino che si riuniva assieme al parroco e partigiano don Angelo Cocconcelli il Comitato di Liberazione Nazionale di Reggio Emilia. Nel secondo dopoguerra, con l’espansione vorticosa della città, la vill
a di San Pellegrino fu divisa in diverse parrocchie, ciascuna a capo di uno dei nuovi quartieri che stavano sorgendo su questa vasta area: Regina Pacis, Migliolungo, Buco del Signore, Rosta Nuova, Crocetta, Belvedere, Buon Pastore. Fu così che ad oggi il territorio propriamente detto di San Pellegrino è considerato soltanto quello confinato fra piazza Lepanto, l’ospedale, una fetta di viale Ettore Simonazzi, via Che Guevara-via Luxembourg e giù, lungo la vecchia strada per albinea-Canali (via Tassoni), sino a via De Sanctis. Nonostante ciò, per molte persone, quando si indica San Pellegrino si intende sostanzialmente tutta la zona a sud della città posta fra via Codro e Baragalla. La chiesa parrocchiale venne fondata come oratorio già nell’anno 857. La forma attuale risale al 1776. L’erezione della parrocchia risale al 1791.

La storia della parrocchia del Buon Pastore riassume le vicende delle periferie in cui “Gesù cerca casa”: così recitava lo slogan della campagna del 1975 per il finanziamento popolare dell’opera, richiamando le analoghe iniziative nella Bologna del cardinal Lercaro. Accantonando l’ipotesi di realizzare una chiesa provvisoria, o di fortuna, il vescovo mons. Gilberto Baroni – che di Lercaro era stato ausiliare proprio negli anni dell’inizio del ‘laboratorio bolognese’ di architettura sacra – affida la progettazione della nuova chiesa ad Enea Manfredini (1916-2008), uno dei protagonisti della cultura architettonica razionalista del Dopoguerra, un costruttore di chiese e di edilizia pubblica minuzioso, colto e aggiornato sul dibattito internazionale. Il cantiere ‘minimo’ della chiesa si completa in pochi mesi, nel Natale 1977, ma i lavori di allestimento segnano e animano la vita della vivace comunità nei decenni successivi, fino alla costruzione del campanile, realizzato da Manfredini stesso con i figli nel 2003.

Buon Pastore

IL CROCIFISSO NERO DI LATIANO E LA FAMIGLIA BIANCO DI SAN PELLEGFRINO

Sopra l’altare del Sacro Cuore, nella chiesa di san Pellegrino, c’è una piccola immagine del Crocifisso Nero, che si venera a Latiano, in provincia di Brindisi, e la cui festa cade l’ultima domenica di agosto. L’immagine venne donata alla parrocchia dalla famiglia Bianco. Michele Bianco, all’inizio del ‘900, si trasferì da Latiano a Reggio: era “ebanista e bottaio”, e la sua bottega era appena oltre il ponte. Egli fece parecchi lavori per la Chiesa, compresi gli addobbi solenni, con tele che calavano dal soffitto: qualche fotografia lo ricorda. Anche suo figlio era falegname e a lui si deve il prolungamento del coro, quando l’abside della chiesa venne allungata. La devozione per il Crocifisso raduna tutti i discendenti, che superano ampiamente il centinaio. Vogliamo esprimere loro il nostro augurio e congratularci per la fedeltà alle loro radici.