Solennità di Maria Santissima, Madre di Dio – 1 gennaio 2018

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,16-21).
In quel tempo, i pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto,com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

A Nazareth, proprio davanti alla basilica dell’Annunciazione, costruita attorno alla grotta dove il sì di Maria ha permesso a Dio di entrare in modo così radicale nella storia umana, sorge una piccola moschea. Un grande striscione in inglese riporta la formula coranica, che fa parte dell’annuncio quotidiano del muezzin: “Dio e’ unico, non genera e non è generato”. Il contrasto con il titolo col quale la Chiesa venera Maria: Theotokos, Madre di Dio, è evidente. In effetti, non sarebbe più ragionevole lasciare Dio e l’uomo ciascuno al proprio posto? Dio in cielo, l’uomo sulla terra, con eventuali comunicazioni fatte di norme o profezie e qualche promessa per un’altra vita. E poi, se proprio vogliamo seguire la via dell’ ”associazione” (altro termine con il quale il Corano indica l’errore cristiano), perché non seguire la via degli antichi miti, ovviamente un po’ depurati? Dio e l’uomo si incontrano in certi spiriti superiori, eroi o semidei, le grandi menti, che contengono in sé una scintilla della divinità.
Invece, qui siamo di fronte a una giovane donna e al suo bambino, e bisogna andare a Nazareth, per rendersi conto di quanta povertà abbia scelto Dio per farsi prossimo all’uomo. O forse proprio per questo l’uomo riconosce in quella giovane donna un segno di consolazione, perché la vede così simile a sé, così consapevole della sofferenza e della fragilità della condizione umana.
Oggi la storia umana aggiunge un anno a una serie cominciata in quel giorno. Chissà quanti di coloro che questa notte hanno folleggiato, dandosi spesso ai tristi riti dell’eccesso, si sono resi conto che e’ stata quella nascita a dividere in due la storia del mondo. Credo però che quella donna non si preoccupi troppo: anche quelli sono suoi figli, tanto quanto le monache che hanno vegliato cantando le dolci liturgie natalizie. Ella sa, che prima o poi arriverà il momento, nel quale si avrà bisogno di dolcezza e di perdono, di consolazione e di incoraggiamento. Per questo, ella ci porge il suo figlio, quasi anticipando l’offerta più tragica del giorno in cui lo accoglierà nel suo grembo, morto, calato dalla croce.
Il volto di Maria, nella Pietà’ di Michelangelo, non e’ rivolto al Figlio; i suoi occhi sono come chiusi, il suo sguardo e’ ripiegato verso il proprio cuore: ella contempla la storia umana, mentre sorregge quel corpo abbandonato. Ella percepisce di essere in quel momento il punto di incontro tra cielo e terra, tra l’enormità del male e un amore inspiegabile e inesauribile. Ripetendo il sì, pronunziato a Nazareth, con ben maggiore dolorosa consapevolezza, ella tiene aperta per Dio la storia dell’uomo, di ogni uomo. Tutti sono divenuti suoi figli, nel momento in cui ella ha offerto quel Figlio.

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