C’è una connessione diretta tra la prima lettura e il Vangelo. La promessa di Dio di pastori secondo il Suo cuore è esemplificata in Cristo e nei Suoi apostoli. Gli apostoli sono appena tornati da una missione di prendersi cura dei bisogni spirituali del popolo di Dio e hanno bisogno di riposo fisico e spirituale. Avevano bisogno di riaffilare la loro connessione attraverso l’essere soli con Gesù dopo le loro imprese di successo. Gesù aveva notato che il potere era uscito da Lui quando la donna con l’emorragia lo toccò. Possiamo solo allora immaginare quanto potere sia uscito anche dagli apostoli che hanno anche guarito gli ammalati e predicato il Vangelo. Tuttavia, Gesù si fermò per strada, per continuare ad insegnare perché aveva compassione per la gente. Ci sta dicendo che Dio vuole pastori che diano tutto per le loro pecore. Qui, due idee corrono contemporaneamente: diventare pastori come Cristo e prendersi del tempo per riposare.

L’idea di essere un pastore è come quella di un guardiano o di un custode. È la risposta alla famosa replica di Caino: “Sono forse il guardiano di mio fratello?” (Gn. 4, 9) quando gli fu chiesto di Abele che aveva ucciso. La pandemia covid-19 ha mostrato quanto possano essere pericolosi tali atteggiamenti di indifferenza o di egoismo e di biasimare i malati per le loro sofferenze. Le colpe, se dobbiamo permettere loro, devono avere il loro posto alla parte posteriore dopo che le situazioni e le persone sono state salvate in primo luogo. In cima alla scala delle colpe per i mali personali e collettivi è l’ignoranza. Infatti, parte del motivo per cui Gesù aveva compassione della folla era a causa della loro ignoranza. Così, Egli ha cominciato ad insegnare loro subito!

La compassione indica essere in una posizione più alta o migliore per aiutare un altro che manca o soffre. Siamo pastori l’uno dell’altro in qualche modo. Alcune persone lo sentono più nel loro spirito che altri in modo che sviluppano scrupoli quando non sono in grado di aiutare. La chiamata alla compassione non è un invito al senso di colpa verso altre persone che sono meno fortunate di noi. È piuttosto la chiamata a condividere le nostre benedizioni, ad essere solidali, a “fissare lo sguardo” all’umanità come ha fatto Gesù, ad offrire sollievo.

Stiamo parlando della nostra umanità di cui ogni persona è un’estensione. Si tratta di cogliere insieme la felicità, come dice don Giuseppe Dossetti. Con questa comprensione, le persone che hanno sempre “bisogno di essere necessario” possono anche imparare a controllare sé stessi per evitare l’esaurimento. Questo atteggiamento è un’altra forma di egoismo e talvolta mostra una mancanza di fiducia nei nostri collaboratori. L’umanità di tutti conta anche quella del datore di compassione.

Siamo invitati a cercare l’equilibrio. Riposo, pause, vacanze sono necessarie anche se stiamo lavorando con le macchine. Il riposo è per il corpo e soprattutto per lo spirito. Ma la qualità del riposo è importante quanto il riposo stesso. Gli apostoli erano con Cristo. Chi portiamo al nostro riposo? Ho visto persone andare a fare una pausa per bere caffè or birra, fumare sigaretta, vacanze con famiglia, viaggi di piacere, ecc., e tornano più rotti e preoccupati di quanto non fossero prima del riposo. Nulla rinfresca l’anima come fa la parola di Dio. Pertanto, mentre andiamo in vacanza, possiamo prendere la parola di Dio con noi per le riflessioni e per le preghiere.

don Anthony