La guerra in Ucraina, nel suo prolungarsi al di là di ogni previsione, mi interroga sempre di più sulle origini di tanta violenza. Essa non è l’unica piaga che devasta questo nostro mondo, cosicché  sembra che un’onda, un’alluvione, travolga anche i tentativi di guarire, o almeno di ridurre la sofferenza di tanti innocenti. Non possiamo arrenderci, rinunziare a un’opera paziente, che sciolga i nodi, richiami alla responsabilità, costruisca fragili passerelle, che si spera possano trasformarsi in ponti. Tuttavia, è necessario chiedersi perché queste tragedie accadano. Non basta l’analisi storica e politica: penso che si debba fare un discorso molto serio sul potere, su come usarlo e su come prevenire la sua degenerazione.

              In sé, il potere viene da Dio e serve al bene comune, ce lo ricorda san Paolo, con espressioni molto forti (Rm 13,1-7). Perché allora così facilmente degenera? Su questo punto, Gesù è chiaro: “Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore e chi vuol essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo”. Egli propone se stesso come modello: “Come il Figlio dell’uomo che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per le moltitudini” (Mt 20,25-28).

              Forse pensiamo che queste parole riguardino i poteri ecclesiastici o le relazioni private, ma nulla ci autorizza a questa limitazione. Piuttosto, le parole di Gesù ci orientano a riflettere in modo spirituale sul potere, poiché non bastano la storia e la sociologia.

              C’è una parola di Gesù che è ancora più dura: la troviamo nella parabola del buon pastore, nel vangelo di Giovanni: “Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti”; e, usando l’immagine della porta, che indica orientamento e decisione, dice: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (10,8s.).

              Qualcuno potrebbe vedere in queste parole l’arroganza di un capo religioso e la negazione della separazione tra trono e altare, del difficile equilibrio che l’Occidente ha trovato. Non è così, ma è lecito chiedersi su quali basi Gesù dia questa valutazione del potere, di qualsiasi potere. La risposta la troviamo nell’Apocalisse, quel libro pieno di una fantasmagoria di simboli, spesso difficili da interpretare. Ma almeno uno è chiaro: davanti al trono di Dio si presenta un Agnello e dietro di lui una moltitudine immensa, in vesti bianche e con rami di palma nelle mani, simboli di vittoria. Chi sono costoro? chiede Giovanni. Gli viene risposto: “Sono quelli che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello … L’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita” (Ap 7,13-17). L’agnello diventa pastore! Gesù fonda la sua autorità sull’obbedienza alla volontà di Dio e sul sacrificio, per amore di coloro che gli sono stati affidati.

              E’ dunque possibile evitare che il potere degeneri in tirannia e serva alla morte, anziché alla vita? Sì, ma solo se ci si mette tra gli agnelli che seguono l’Agnello, nella via della mitezza e del servizio. In altre parole, è necessaria un’estrema sorveglianza su se stessi, sulle proprie intenzioni, sullo sguardo, con il quale consideriamo la storia e la nostra responsabilità. L’alternativa, la vediamo ogni giorno. In particolare, i giovani non solo vengono avviati a un macello che non hanno voluto, ma vengono trasformati in complici del male. Non è casuale, che si programmino fin d’ora strutture di supporto psicologico per i reduci. Ma come liberarsi dal peso del sangue?

              Può un capo di stato o di governo essere un agnello? Sì, se prima di tutto è cosciente del pericolo attualissimo di diventare un lupo. Per questo, è veramente utile conoscere e riflettere sulla storia. Ma, soprattutto, l’immagine del Buon Pastore conforta la buona volontà e consola nei giorni del dolore e dell’insuccesso. Ciascuno di noi è chiamato all’azione, per la responsabilità che gli viene affidata; quando però le mani sembrano legate, diveniamo più consapevoli che c’è un Agnello, che ha preso su di sé il peccato e il male del mondo.

30 aprile 2023                                                                   don Giuseppe Dossetti