“IL CIELO”


234^ lettera alla comunità al tempo della conversione

           La guerra in Ucraina e la tragedia di Gaza hanno in comune un aspetto che non viene messo abbastanza in evidenza. Ogni guerra è un fallimento e le crudeltà si accumulano come una valanga; tuttavia, questa guerra ha caratteristiche che si riscontrano in modo così evidente soltanto nella Prima Guerra Mondiale: essa ha una dimensione religiosa e in essa l’ideologia e la propaganda hanno una parte che non si riscontrava nelle guerre dei secoli scorsi, almeno fino alla Rivoluzione francese

       La guerra in Ucraina è una guerra tra cristiani. Essa si alimenta anche alle nostre divisioni, quelle tra cattolici e ortodossi. Allo stesso Dio vengono rivolte suppliche per la vittoria delle armi degli uni o degli altri. Dovremmo sentire maggiormente lo scandalo del trasformare il Dio della vita in un Moloch sanguinario. La guerra finirà, probabilmente per esaurimento della risorsa umana, perché non ci saranno più uomini da mandare a morire; rimarranno però non soltanto le mine, ma strascichi di odio e di sete di vendetta.

             La guerra terroristica di Gaza è solo l’ultimo capitolo di una tragedia che dura da più di un secolo. Anche qui, si invoca lo stesso Dio, che sarebbe “clemente e misericordioso”, secondo il Corano, mentre nell’Antico Testamento, nelle Scritture che abbiamo in comune con gli ebrei, egli si presenta come “il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e fedeltà” (Esodo 34,6). Potranno mai gli uomini perdonare a coloro che si dichiarano credenti? Potranno credere, quando gli si parlerà di un Dio che ama le sue creature?

            A Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi, sorge la Basilica dell’Agonia. Essa è costruita attorno alla roccia, sulla quale Gesù si è consegnato al Padre: “Se vuoi, allontana da me questo calice, ma sia fatta la tua, non la mia volontà” (Lc 22,42). Il Figlio dell’Uomo entra in agonia e il suo sudore diventa sangue. Non credo che questo avvenga per il timore, peraltro umanissimo, della morte. Gesù, in quel momento, ha presente tutto il male della storia del mondo, che gli viene caricato addosso e che lo schiaccia: “Io sono un verme e non un uomo, rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente” (Salmo 22,7).

        Da sempre, l’uomo rivolge il suo sguardo al cielo. Con le stelle, gli antichi si orientavano nel loro camminare. Ma ciascuno di loro, e anche noi, abbiamo un altro cielo, il nostro cielo spirituale. Con esso, ci orientiamo, ma ci viene ricordato anche il nostro limite: vorremmo andare al di là di esso, ma con l’esplorazione dello spazio sidereo, con i progressi strabilianti della tecnica, riusciamo soltanto a spostare il limite appena un po’ più avanti. Il cielo è ricerca, illusione, gioia della conquista, dono e minaccia. “Padre nostro, che sei nei cieli”, siamo abituati a dire; parole contraddittorie, se vogliamo, perché i cieli sono la lontanissima sede di un Dio, che, proclamandosi “Padre”, afferma di amare questa sua creatura sanguinante e sanguinaria e di volere “squarciare i cieli” (Is 63,19), lui, l’irraggiungibile, per essere il Dio vicino.

             Sono parole al vento? C’è qualcosa che le rende terribilmente vere: il sangue. Quello straordinario testo che è la Lettera agli Ebrei, nel Nuovo Testamento, immagina il tempio cosmico, nel quale il cielo rappresenta il velame di separazione tra Dio e l’uomo. Ma, come a Gerusalemme il Sommo Sacerdote entrava nel Santuario, al di là del velo, portando il sangue degli animali sacrificati, per rinnovare l’Alleanza, così il vero e unico Sacerdote, Gesù, entra al cospetto di Dio con il proprio sangue, “versato per voi e per tutti, in remissione dei peccati, per la nuova ed eterna alleanza”, come non ci stanchiamo di ripetere nella Messa (cap. 9-10). E’ singolare: la Chiesa non si stanca di fare memoria di ciò che la accusa. Il varco è però aperto e nulla, neanche le atrocità della guerra, può rinchiudere il cielo: Cristo Gesù “può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio; egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore” (7,25). Il sangue di Dio si mescola al sangue dell’uomo; il sangue di Abele grida contro il suo fratello (Genesi 4,10); grida anche il sangue di Gesù, ma dice parole di consolazione per coloro che oseranno la pace.

01 giugno 2025                                                                                     don Giuseppe Dossetti