“PELLEGRINI”


              In questi giorni, ricorre la festa di san Pellegrino, il santo al quale è dedicata la mia chiesa. In realtà, “pellegrino” non era il suo nome proprio, ma designava la sua condizione: era un pellegrino, probabilmente di origine irlandese, che era venuto in Europa assieme a san Colombano,  verso la fine del sesto secolo, per evangelizzare le campagne. La tradizione vuole che si sia fermato sull’Alpe che porta il suo nome, vivendo da eremita fino alla fine dei suoi giorni.

               Il tema del pellegrinaggio, come disciplina e come distacco dalle cose del mondo, lo ritroviamo anche nella saggezza pagana. Alcune parole di san Paolo sono simili a quelle di tanti maestri spirituali, di allora e di adesso: “Non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell’inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali” (1Tim 6,6-10).

               Tuttavia, nella visione cristiana del pellegrinaggio, c’è qualcosa di più. L’umiltà e il distacco dalle cose del mondo sono cosa ottima, ma non tutti sono chiamati a questo. Invece, a tutti è richiesto un pellegrinaggio spirituale, da compiersi qualunque sia la storia, la vocazione, la responsabilità di ciascuno. Esso consiste anzitutto nel porsi le domande giuste, chiedersi cioè chi siamo veramente e, di conseguenza, che cosa sia veramente importante. Una conseguenza cruciale di questo cammino spirituale consiste nel rendersi conto che non siamo proprietari, ma amministratori. Qui ci rendiamo conto della diversità rispetto alla sapienza pagana: non ci viene suggerito il disprezzo per le cose del mondo, anzi, esse possono rappresentare quei “talenti” che il padrone affida ai servi, “a ciascuno secondo le sue capacità” (Mt 25,14ss.) e il giudizio finale sarà sulla fedeltà con la quale avremo amministrato la responsabilità che ci è stata data in sorte.

                Sembrerebbe un’osservazione scontata, ma, a quanto pare, non è così; soprattutto, non lo è per chi ha un potere, grande o piccolo. Vorrei conoscere il sentimento e il cuore dei potenti di oggi, come riescano a sopportare il peso di tanta sofferenza, soprattutto di quella provocata da loro. Il fanatismo religioso, che ha portato Hamas a compiere la strage del 7 ottobre, l’occupazione brutale da parte dei coloni ebrei delle terre in Cisgiordania, oltre ai bombardamenti sui civili e la fame mortale imposta a un popolo, hanno come ragione ultima la conquista o la difesa di un potere, che però genera morte. Ci sono persone che non reggono allo spettacolo di tanta sofferenza: sono aumentati i suicidi tra i soldati di Israele e molti rifiutano di essere impiegati a Gaza. I grandi della terra! Così vengono chiamati uomini, che sono mortali come tutti gli altri. Non viene in mente, a Trump e a Putin, che un giorno i loro nomi finiranno sui libri di storia per essere pronunziati con abominio?

               Tuttavia, c’è speranza anche per loro. Nel loro pellegrinaggio spirituale, come nel nostro, c’è una presenza. Israele peregrinava nel deserto, ma il loro Dio li accompagnava, con la manna e con l’acqua che scaturiva dalla roccia. San Paolo dice una cosa molto bella: gli Israeliti “bevevano a una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo” (1Cor 10,4). Noi non siamo girovaghi, che non hanno una meta; siamo dei pellegrini, e c’è una presenza che ci guida e ci consola. Noi non veniamo dal nulla e non andiamo verso il nulla; di conseguenza, la vita è preziosa, quella nostra e quella di tutti.  Il pellegrino è un povero che viene accolto e che è portatore di una benedizione. Preghiamo perché non ci venga tolta la pietà. Oggi, ci sono solo due possibilità: o guardiamo l’uomo come carne della mia carne e compagno di viaggio, oppure diventiamo razzisti e in qualche modo complici.

 

27 luglio 2025                                                                       don Giuseppe Dossetti