“QUESTO E’ UN UOMO”


                In questi giorni, la Chiesa celebra uno degli episodi più singolari e misteriosi del Vangelo, la “Trasfigurazione” di Gesù sul monte Tabor (Lc 9,28-36). Egli è salito in cima a questa altura, che si erge isolata in mezzo alla pianura di Galilea, accompagnato da tre discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni. Mentre sta pregando, “il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida, sfolgorante”. Per chi ha un minimo di dimestichezza con l’Antico Testamento, questi segni dicono che l’umanità di Gesù diviene lo specchio della presenza di Dio, come era avvenuto per Mosè (Es 34,29-35). Ma c’è qualcosa di straordinariamente nuovo: la voce divina accredita Gesù, “Questo è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo!”.

               Tutto, in questa scena, dovrebbe suscitare la nostra meraviglia. E’ possibile che Dio abbia un figlio? Il Corano, nella preghiera quotidiana, lo nega: “Nel nome di Allah, il Clemente,il Misericordioso: Egli è Unico; Allah è l’Assoluto; Non ha generato, non è stato generato e nessuno è uguale a Lui”. Lo scandalo aumenta, se ci si rende conto dello scopo della Voce nel consegnare il Figlio. Il Dio unico non è il Dio solitario, ma vuole entrare nella storia perché ogni uomo entri nell’eternità. Questo vien detto già nelle prime pagine del Libro, quando l’uomo viene creato “a immagine e somiglianza di Dio”, quando, nella miseria e fragilità della creta, viene insufflato lo Spirito. Figlio dunque l’uomo, figlio per davvero; e quando il mondo sfida il suo creatore, gridando: “Se sei figlio di Dio, scendi dalla croce e ti crederemo” (cfrfr Mt 27,40), la Croce diviene il sigillo di garanzia di questa figliolanza: “Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso … facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo, Dio lo esaltò …” (Fil 2).

               Quindi, sul Tabor, viene detto a me e a te, che leggi: “Tu sei mio figlio”, I grandi Padri della Chiesa lo dicevano: “Il Figlio di Dio si è fatto uomo, perché l’uomo diventi figlio di Dio”.

               Ora, questa dignità straordinaria viene negata e il Dio cristiano viene accusato di menzogna. La guerra è lo strumento massimo di questa negazione. La dignità dell’uomo sta nella sua singolarità: un figlio non può essere sostituito. Quale genitore accetterebbe questo lutto? Eppure, oggi è così: i morti si sommano, i soldati si sommano. L’uomo vale, allora, per la capacità di far crescere il numero dei morti. Quello che essi sono stati nella vita precedente non conta più nulla. Eri un giovane, con la speranza di un lavoro? Finito. Eri una promessa della scienza? Finito. Primeggiavi nello sport? Anche questo è finito. Avevi una ragazza che ti aspettava? Finito, Giovane universitario, medico, giornalista? Finito, finito. Ricordate la ragazzina di Gaza, che voleva diventare medico? Anche lei, probabilmente, è finita.

               Quello che tu sei, o quello che vorresti essere, non conta più nulla. Anche tu, del resto, puoi contribuire a distruggere i sogni di un altro figlio di Dio.

               Si parla tanto del riconoscimento dello Stato di Palestina. Ma come si fa a riconoscere uno stato, se non si riconosce la dignità di coloro che ne dovrebbero essere i cittadini? Il mio timore è che la formula “due popoli due stati”, sia, per l’appunto, una formula. La si riempirebbe di sostanza, se cessasse il fuoco, venissero restituiti gli ostaggi, venisse seriamente provveduto alle necessità elementari della vita, venisse ripristinata la legalità in Cisgiordania, arrestando i coloni, che invadono i villaggi arabi, protetti dall’esercito, quando non sono essi a sparare.

               Poi, ci sono le macerie. Quelle spirituali saranno le più difficili da rimuovere. Non si dovrà andare a Gerusalemme, ormai profanata; dovremo andare a Hebron, alla tomba di Abramo, “nel cui nome saranno benedette tutte le genti”; e poi, sul Tabor, per sentire proclamata di nuovo la nostra dignità; e infine sul piccolo monte del Golgota, dove ascolteremo la voce del perdono. E tutto potrà ricominciare.

03 agosto 2025                                                                     don Giuseppe Dossetti