Sono sempre molto affascinato dai famosi affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina, specialmente dal quadro in cui Dio stava cercando per toccare il dito di Adamo. Osserverete immediatamente l’entusiasmo di Dio di toccare Adamo (sdraiato), ma anche gli occhi di Adamo, attesi ma stanchi, forse dalla fatica di alzare la mano sinistra verso Dio. Il Salmo di oggi (115) è la giusta risposta dalla comprensione del dono che abbiamo ricevuto nel Santissimo Corpo e Sangue di Gesù Cristo.

Nel Salmo, il cristiano prega con la Chiesa: “Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore” Questa risposta simboleggia le nostre celebrazioni eucaristiche in cui il sacerdote alza il calice del Sangue di Cristo in nostro favore e invoca il nome di Dio come fece Gesù sulla croce dopo di che concluse: “È finito” (Gv 19, 30). Da un’altra prospettiva, è la Chiesa, il corpo o il calice di Cristo che contiene il Suo sangue dal quale sgorga misericordia e grazia sulle anime e sul mondo intero. Ma procedendo da queste due interpretazioni come frutto siamo ugualmente noi, ogni persona umana, come i vasi contenenti o destinati a contenere il sangue di Gesù che è stato versato per noi. Durante la consacrazione, il sacerdote dice: “Questo è il mio sangue…versato per voi e per tutti…” La dichiarazione di innalzare il calice della salvezza rappresenta ancora una volta il grido di Cristo al Padre, Dio che grida a Dio per salvare la divinità che ha riversato nell’umanità. In Gesù Cristo, tutti noi cerchiamo di elevarci alla pienezza di qualcosa piantato in noi che è morto ma è stato rianimato dal sangue di Cristo.

La prima volta che vidi la foto di Michelangelo su un opuscolo, pensai che fosse Gesù Cristo. Ma quando poi ho visto l’intero quadro in un libro, allora ho capito che era il conto della creazione e della salvezza, e quindi, era Adamo. Mi è venuto in mente che Adamo e Cristo sembrava esattamente lo stesso. Tuttavia, Cristo stava alzando la mano destra e si trovava in piedi. Senza annoiarci con troppi dettagli, credo che attraverso il sacrificio di Cristo, abbiamo un nuovo statuto, anzi siamo stati elevati a un nuovo statuto permanente. Il calice è innalzato a causa del suo contenuto che è il sangue di Cristo. Il sangue del calice e l’invocazione del nome di Dio simboleggiano il sacrificio e la vita della redenzione eterna che si addice al nostro nuovo statuto.

Ogni giorno, cerchiamo una qualche forma di elevazione, per essere liberi dal sentirsi bassi come Adamo dopo la sua creazione, da quella disgrazia, depressione e solitudine che Adamo ed Eva hanno provato dopo la loro caduta, o dall’abbandono come Gesù sulla croce. Adamo ed Eva desideravano essere divini, ma invocando Satana e se stessi. La ricerca della felicità e del bene è parte della ricerca eterna della redenzione. Così, alcuni di noi cercano la divinità nelle droghe, nell’alcool, nella lussuria infinita, nella ricchezza, nel potere, nelle cose periferiche ed effimere che alla fine ci abbattono o il cui effetto calmante dura ma brevemente mentre ci trasformano in schiavi.

Per elevarci a Dio e invocare il Suo nome dobbiamo lasciare che il sangue di Cristo ci purifichi o alleggerisca i nostri carichi. Perché muoverti con i tuoi peccati anche se li detesti? Il sangue di Cristo, come un oceano, è a tua disposizione per purificarsi e la Chiesa ci incoraggia sempre a ricevere il corpo e il sangue di Cristo e a fare una comunione spirituale quando ciò non è possibile. Inoltre, questo dono che celebriamo porta consolazione a coloro che sembrano abbandonati in un angolo, incapaci di ricevere questo preziosissimo sacramento a causa di qualche peccato o qualche regola nella Chiesa. Che ci incoraggi questo sacramento nel quale non siamo condannati, ma siamo perennemente redenti, e il dito di Dio ci tende, ci tocca e ci eleva. È importante fare quel piccolo sforzo di dare la mano a Dio invocando il Suo nome.

don Anthony